Costruire…nel pensiero di Bartolo Longo
Intervista a Mons. Carlo Liberati delegato Pontificio e Prelato di Pompei
Di Domenico Sodano
La storia del nostro territorio è fortemente legata alla straordinaria testimonianza dell’opera del Pontificio Santuario della B.V. di Pompei. In una cordiale quanto intensa intervista concessa in esclusiva al nostro giornale Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Carlo Liberati, evidenzia i mali, i problemi della città ma soprattutto il bene dei fedeli, garantendo nella fede, nella carità e nell’attenzione, come nel pensiero primordiale di Bartolo Longo, una Chiesa vicina ai poveri, ai derelitti, ai bisognosi e agli emarginati per promuovere una civiltà nuova, libera da soprusi sociali, nella visione celeste di una Chiesa, Madre e Maestra, costantemente a servizio del suo popolo.
Quale il suo bilancio in questi quattro mesi di ministero pastorale a Pompei?
“Un Vescovo fa molta difficoltà a fare bilanci. E’ ancora prematuro per poterne fare, ma a distanza di quattro mesi un obiettivo è stato raggiunto. Ho siglato, qui, proprio in questa stanza una convenzione con la Regione Campania che mi consentirà di ricostruire, poco lontano dalla facciata del Santuario, le case che un tempo furono la dimora degli operai della efficiente tipografia fondata dal beato Bartolo Longo. In questo complesso noi oggi costruiremo la casa della madre e del fanciullo in virtù della legge italiana che non consente più di tenere orfanotrofi. La mia preoccupazione è stata subito quella di sistemare questi bambini sul tessuto connettivo della città in modo da prefigurare quella che sarà la loro vocazione definitiva: l’affidamento alle famiglie in ordine all’adozione.”
Come risulterà la struttura definitiva?
“Una serie di reseptions di prima accoglienza con uffici di informazione ed ambulatori. Nei piani rialzati, poi, dei veri e propri appartamenti nei quali saranno alloggiati dai cinque agli otto bambini con una equipe educativa e due suore a loro disposizione giorno e notte. Tutto questo per creare, nel cuore della città, il futuro clima della famiglia. E’ una trasformazione di carattere etico sociale, pedagogica ed educativa necessaria ma lo sforzo finanziario è enorme, noi difficilmente avremmo potuto affrontarlo da soli. L’opera del Beato Bartolo Longo continua sotto una forma adeguata ma sempre nell’idea che ogni creatura, d’ovunque essa provenga, attraverso la carità e l’amore può essere recuperata, educata, fatta crescere come creatura libera, contenta dell’esistenza in quanto dono di Dio per essere riaffidata, nuovamente, alla società.”
Quindi l’intuizione di Bartolo Longo è ancora oggi un miracolo, un miracolo che si trasforma?
“Certo! E non solo. L’intuizione, il carisma di Bartolo Longo continua a centotrenta anni di distanza. Continua nella società di oggi aggredendo in maniera nuova sussidi legislativi e assistenziali che allora non c’erano. L’intuizione primigenia di Bartolo Longo, la sua lucidità, la sua genialità caritativa continua nella Pompei di oggi. Vedere qui tanta gente che ama il Signore , che ama la Madonna, che viene a peregrinare e a chiedere aiuto, a invocare la potenza di Dio, a confidare al Signore le proprie sofferenze, a deporre i propri fardelli e le proprie fatiche, questo è un fatto di Chiesa che commuove. Questa è la chiesa che a me piace, la chiesa dei poveri.”
Il Santo Padre ha riconsegnato il Santuario della Beata Vergine e la nuova Pompei al mondo intero attraverso il Rosario. Quanto la figura del Papa, per la seconda volta a Pompei, ha contribuito a rafforzare questa opera?
“Vede, nella vita si può fare l’abitudine anche alle cose più belle, ci si può abituare persino ai miracoli ritenendoli un dono dovuto di Dio sulla nostra povertà. Credo che la gente sia stata abituata ad un tipo di mentalità piuttosto accomodante. Noi siamo qui, abbiamo un tesoro, la Vergine Santissima, lei fa i miracoli, noi la preghiamo e poi abbiamo tutto. No! Questa è una mentalità abitudinaria che non si concilia con la tenerezza di Dio, con il suo amore. Il tesoro di Dio va riscoperto giorno dopo giorno risposando l’impegno della carità. A mio avviso negli ultimi anni si è attuato un atteggiamento di assuefazione. Ecco quindi che molte opere di carità sono state chiuse. Occorre una scossa di rinnovamento per riprendere la cultura della missionarietà della chiesa e del suo zelo caritativo. La chiesa come comunità di amore, tra l’altro, ha il compito di creare agli uomini di oggi condizioni liberatrici in vista della glorificazione definitiva dell’umanità nella gloria trinitaria, nel paradiso e nella vita eterna. Questo non deve consentire mai l’abitudinarietà, l’assuefazione quotidiana, lo scontato. Come cristiani dobbiamo essere quelli che inventano il futuro con la forza dell’amore.”
…Vedo che Lei è in forte sintonia con i moniti del Papa…
“Ma certo! Questa è la chiesa dei poveri che noi dobbiamo promuovere. Vede, ieri ho percorso dieci chilometri passando tra muraglie di rifiuti che per una pioggia scrosciante sbattevano contro la macchina, nei cancelli, nei parapetti della strada… Che ha fatto di male questo popolo? Questo popolo così buono, generoso, cordiale, intelligente, vivace, questo popolo non servito, assuefatto alle umiliazioni e assoggettato alle tristezze più profonde. Perché deve essere trattato così male? Io come Vescovo devo volere il bene del popolo, della gente più povera, più umile e più offesa dall’incuria sociale, e a Pompei coltiviamo questo miracolo.
La Santa Sede, inviando ancora uno dei suoi prelati, vede forte questa testimonianza, questo territorio con questo Santuario importante per il meridione d’Italia che rappresenta un crocevia importante per la fede dell’Europa e del mondo intero…
“Pensi che a Pompei ogni anno vengono cinque milioni di persone a vedere una delle città antiche più straordinarie riportate alla luce e per vedere la nuova città creata intorno ad un miracolo vivente: il Santuario e la devozione alla Madonna del Rosario ormai devota in tutto il Mondo. Bene! Per questa città non c’è una adeguata segnaletica stradale nemmeno sull’autostrada. Perché questa incuria, perché questa dimenticanza, perché questo oblio intorno a Pompei che pure porta allo Stato centinaia di miliardi ogni anno per l’intera area archeologica?
Dal primo momento che sono arrivato ho rivendicato per Pompei una maggiore visibilità per una serie di omissioni cha hanno impedito il decollo della città e della sua messa in orbita. Per non parlare dei turisti che raramente si fermano a Pompei perché non c’è una accoglienza adeguata, non c’è una attesa dell’ospite…”
Infatti, fino a qualche anno fa, anche l’albergo del Santuario come offerta particolare per il pellegrino ha rappresentato un ruolo importante. Ora questa struttura è chiusa da tempo…
“…e non solo. Ho trovato questi immensi edifici, ormai non solo abbruniti ma fatiscenti, intristiti, con l’atteggiamento del rudere che non assomigliano proprio alla città morta ma si avvicinano molto, e mi sono chiesto perché? E’ stata la prima domanda che mi sono posto! Sono andato a cercare le ragioni. Mi hanno detto: “è chiuso da quindici anni”. Perché? Non conosco il perché. Sta di fatto che quell’edificio ancora bello è chiuso. Ma stia tranquillo che il vescovo lo riaprirà, così come in quattro mesi sono riuscito a far decollare i progetti per la casa della madre e del bambino, progetto inaugurato di fronte al Santo Padre senza neppure un progetto effettivo. Nella vita bisogna essere concreti, veri, altrimenti si rischia di cadere nell’ipocrisia. E’ mio desiderio contribuire alla rinascita sociale, ambientale e recettiva di Pompei ma anche creare un ambiente dove il pellegrino, e non solo il turista, possa essere tranquillo di trovare un ambiente sano, etico, dove tutte le sue necessità materiali e spirituali possibilmente vengano soddisfatte. Con l’aiuto di Dio, della Madonna e di tante persone di buona volontà che ci sono, lo farò.”
Secondo Lei perché queste opere altamente sociali e significative dal punto di vista educativo della promozione umana sono state chiuse?
“Lontano da me ogni accusa. Piuttosto sto cercando di fare una diagnosi di una malattia che esiste per portare la terapia, se è necessario anche una terapia d’urto, e la terapia la sto mettendo in pratica nella speranza che l’ammalato guarisca.”
Quali secondo Lei gli altri problemi esistenti nel Santuario e nella città di Pompei?
“La mancanza di un lavoro di equipe tra laici e sacerdoti. Qui il laicato non esiste. Inoltre un ulteriore appesantimento è dato dall’amministrazione del Santuario che risulta addormentata, assuefatta, adagiata su posizioni abitudinarie, manca il fervore missionario di chi sa che deve tener alto il carisma della carità come atto di amore. E’ assurdo che una persona da sola possa portare avanti un mondo immenso di necessità e di povertà da soddisfare ogni giorno. Pensi che Pompei non ha ancora una fognatura adeguata al displuvio e al trasporto delle acque non potabili. Cosa hanno fatto quelli che hanno retto la cosa pubblica e che hanno avuto le responsabilità in questa città? Oggi solo per fare un progetto di risanamento di certi ambienti occorrono architetti, ingegneri, geometri, fiscalisti, amministrativi che conoscono la legislazione, le sentenze dei tribunali regionali, dei TAR, oltre che la normativa e la giurisprudenza delle corti italiane…”
…e credo anche che se chiamati sarebbero ben felici di dare il loro apporto…
“Certo! Invece qui nessuno ha mai chiesto niente a nessuno.”
La facciata del Santuario è dedicata alla pace. Pompei non solo è una testimonianza importante per la fede Campana ma può e deve diventare anche un crocevia importante per la pace nel mondo. Quanto la possibilità di promuovere un disegno che va di la delle stesse opere di Bartolo Longo: la pace, la pace nel Mondo….?
“Bartolo Longo con un’opera incredibile per quel tempo , dal 1896 al 1901 raccolse qualcosa come quattro milioni e mezzo di firme dal Mondo intero per dedicare questa facciata,voluta da lui così, alla Regina della Pace, affinché Pompei potesse diventarne un simbolo. E ancora volle che il Pontefice firmasse una petizione affinché venisse dichiarato il dogma della madonna assunta in cielo addirittura cinquant’anni prima che questo avvenisse. Ebbe una intuizione che solo i Santi, persone ciclopiche nella fede, possono avere. Egli ha voluto la facciata con la Regina della Pace, come vedete adesso, che io ho voluto illuminata a giorno, perché sia un segno sempre vivo che richiama all’amore e alla pace. Ho indetto, per questo, il premio per la pace città di Pompei affinché ci si educhi all’amore nella ricerca incessante della pace, alla proposizione dei valori, per abolire lacerazioni e sofferenze, guerre inutili, stragi e terrorismo. Questo Pompei si appresta a continuare a fare. Questo il vescovo sta cercando di fare e questo farà con l’aiuto di Dio e della Vergine Santa perché ci sia domani un mondo migliore, più libero, degno del valore della vita e della dignità umana.”